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Foggia tra i primi centri italiani a curare il cheratocono con una nuova tecnica innovativa

Partita a Foggia presso la Clinica Oculistica Universitaria diretta dal Professor Nicola Delle Noci la terapia di cross-linking corneale, basata sull'utilizzo di raggi ultravioletti e che consente di curare in modo non invasivo una grave patologia oculare come il cheratocono che colpisce ogni anno 50 persone ogni 100.000, permettendo di contrastarne l'evoluzione ed evitando il trapianto.
Il cheratocono è una malattia legata ad una debolezza strutturale della cornea che progressivamente tende a sfiancarsi, estroflettersi ed assottigliarsi all'apice assumendo la forma di un cono. Ha origini genetiche, solitamente si manifesta in pazienti giovani fra i 20 e 30 anni, ha un'evoluzione soggettiva, e determina all'inizio un peggioramento della qualità visiva, negli stadi più avanzati opacizzazione e in alcuni casi anche la perforazione della cornea. Fino ad oggi la correzione di questo grave difetto refrattivo era affidata ad occhiali speciali o lenti a contatto, quindi al trapianto in caso di evidente deformazione della cornea.
La metodica del "Cross-linking" del collagene corneale Riboflavina-UVA indotto consiste nella foto-polimerizzazione delle fibrille del collagene stromale con lo scopo di aumentarne la rigidità e la resistenza alla cherato-ectasia progressiva del cheratocono attraverso l'azione combinata di una sostanza foto-sensibilizzante (riboflavina o vitamina B2) e fotoassorbente con l'irraggiamento mediante luce ultravioletta da illuminatore di tipo UVA. L'idea di questo approccio conservativo per la cura del cheratocono è nata in Germania alla metà degli anni '90 ad opera di un gruppo di ricercatori dell'Università tecnica di Dresda ed è stata recentemente approvata grazie agli ottimi risultati portati a termine da uno studio multicentrico italiano: la sorgente UVA per il crosslinking denominata CBM X Linker, sviluppata e prodotta in Italia, ha ottenuto il marchio CE e non è più prototipo; la soluzione di riboflavina destrano è stata finalmente registrata dall'Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute, si chiama Ricrolin, è sterile, già preconfezionata, stabilizzata, ed è l'unica al mondo registrata. La metodica è tecnicamente semplice e meno invasiva di tutte le altre proposte terapeutiche-chirurgiche sul cheratocono e si rivolge alla prevenzione ed alla cura di alcuni tra i più importanti meccanismi fisiopatologici alla base del cheratocono per avere dimostrato: un effetto di incremento sulla resistenza e sulla stabilità biomeccanica della cornea, un effetto di aumento del diametro fibrillare del collagene, seguito da un ripopolamento cellulare che parte dagli strati corneali profondi ( cellularmente integri ). Questo meccanismo ripopolativo è alla base della durata nel tempo del fenomeno di cross-linking , ben superiore al tempo di rinnovamento del collagene corneale che si completa in 24-36 mesi. Il trattamento è consigliabile nelle forme di cheratocono in fase refrattiva (stadio 1 e 2) e con spessori corneali non inferiori ai 400µm, che stanno progredendo negativamente, il cui peggioramento negli ultimi 6 mesi sia documentabile clinicamente, topograficamente, pachimetricamente. Sono da escludere dal trattamento quei rari pazienti con grave sindrome da occhio secco o con infezioni corneali in atto.

“Prima dell’intervento - spiega il Professor Delle Noci - è necessario provvedere ad una visita approfondita per la valutazione delle caratteristiche morfologiche ed ultrastrutturali della cornea, consentendo di individuare il grado di evoluzione e la gravità del cheratocono; in presenza di requisiti compatibili con i severi criteri di inclusione, si constata l’idoneità al trattamento, tappa fondamentale per l’eventuale pianificazione dell'intervento”.

Il cross-linking corneale è assolutamente indolore, viene effettuato in Day-Hospital: la metodica prevede l'instillazione di vitamina B2 o riboflavina in collirio nella cornea, che viene poi sottoposta ad una irradiazione a basso dosaggio con raggi ultravioletti di tipo A (uva). Nel corso dei 30 minuti di irradiazione, l'applicazione della riboflavina viene ripetuta ogni 5 minuti. Grazie all'azione aggregante della vitamina B2 l'irradiazione con i raggi uva porta all'intreccio e al rinforzo degli strati superficiali ed intermedi della cornea, che diventa così più resistente. In un certo numero di casi, oltre a bloccare e, in qualche caso, migliorare, lo sfiancamento corneale caratteristico del cheratocono, tale trattamento si è dimostrato utile nel ridurre l'astigmatismo.
Al termine dell'esposizione ai raggi uva l'occhio viene medicato con colliri o pomate antibiotiche e chiuso per qualche giorno (3-4 in media) con una benda o una lente a contatto terapeutica, in modo da consentire la riformazione dell'epitelio. Al di là un edema corneale temporaneo e del rischio di una riepitelizzazione ritardata, dovuta alla variabilità biologica individuale di ciascun individuo, fino ad ora nei pazienti trattati con questa tecnica non si sono verificati effetti collaterali (quali formazione di cicatrici, cataratta, danno delle cellule endoteliali o della retina). Gli effetti del trattamento hanno una durata di 4-5 anni, dopodiché può essere necessario ripetere l'intervento. Occorre sottolineare che allo stato attuale i risultati sono promettenti e dimostrati nella stabilizzazione del cheratocono ed in più di qualche caso (fino al 30%) un miglioramento della performance visiva, che comunque va considerata tra gli obiettivi secondari rispetto al blocco o al rallentamento della malattia.

Si tratta di un grande passo in avanti della medicina italiana e nello specifico di quella pugliese che oggi può mettere a disposizione presso i centri universitari di Foggia e Bari una tipologia di cura efficace e non invasiva per molti giovani pazienti che rischiano la cecità.