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Comunicati Stampa

Il mercato dei mutui 2012

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Effetto crisi: il mutuo è sempre più difficile.

Tempi di erogazione che si allungano per mesi, pratiche infinite, richieste di garanzie aggiuntive per restare alla fine con un pugno di mosche in mano.
Tutto è nato con la bufera che i mercati hanno scatenato sul debito pubblico italiano dell’estate 2011, che si trasforma in poche settimane in una crisi finanziaria per le banche del nostro Paese e nei mesi successivi anche in una profonda crisi economica che si abbatte sulle famiglie. L’inevitabile calo delle richieste di finanziamenti per l’abitazione (-44% nei primi 9 mesi del 2012 rispetto all’anno precedente secondo le rilevazioni Crif), in parte conseguenza del calo delle compravendite (-25% per il settore residenziale nel secondo trimestre 2012, in base ai dati dell’Agenzia del Territorio), è soltanto uno degli aspetti di questa fase protratta di difficoltà.
L’impennata degli spread (cioè dei ricarichi praticati dalle banche su Euribor e Irs per arrivare al tasso finito) è soltanto l’elemento più evidente del «credit crunch», ma spesso non è altro che la punta di un iceberg.
Non solo spread
Il rincaro degli spread, passati in media da poco più dell’1% del giugno 2011 a oltre il 3% di 6 mesi dopo e lì rimasti nonostante l’allentamento delle tensioni di mercato attorno all’Italia e alle sue banche, è sì tale da scoraggiare molti mutuatari o aspiranti tali (soprattutto coloro che intendevano sostituire il proprio prestito attraverso operazioni di surroga), ma non è di per sé sufficiente da giustificare per intero il crollo del mercato dei mutui nel 2012. Per spiegare questo fenomeno occorre ricorrere ad altri comportamenti – alcuni giustificabili, altri meno, altri ancora probabilmente al di là della correttezza e dei limiti fissati dalla legge – messi in atto dalle banche.
Le soglie «critiche»
La parte meno evidente del «credit crunch», ma forse la più decisiva nel tagliare le richieste delle famiglie, riguarda in generale l’irrigidimento dei criteri standard di accesso. Pochi avranno avuto familiarità, almeno prima di recarsi allo sportello per chiedere le informazioni preliminari, con due concetti quali il rapporto rata/reddito o quello fra importo richiesto e valore dell’immobile (il cosiddetto loan-to-value). Ma è proprio su questi due valori che si gioca la decisione delle banche, perché sono i più rappresentativi della solidità di un mutuatario e soprattutto perché sono a totale discrezione dell’istituto di credito che può alzare o abbassare l’asticella a proprio piacimento.
Guardando in controluce i dati degli ultimi 12 mesi appare evidente come le banche siano diventate notevolmente più selettive: se prima della crisi la rata del mutuo non doveva in genere superare il 35-40% del reddito mensile netto del richiedente, negli ultimi mesi questa percentuale è stata da molte banche ridotta al 25-30%. Altrettanto è avvenuto per il limite sul loan-to-value: sono praticamente scomparsi i mutui al 100% del valore dell’immobile (prima ottenibili attraverso polizze aggiuntive) e la soglia limite si è progressivamente abbassata per alcuni dall’80% al 70-75% o anche al di sotto di questi valori.
Quando arriva la polizza
Si tratta ovviamente di comportamenti leciti da parte degli istituti di credito, che in una fase di recessione devono per forza tutelarsi in misura maggiore quando concedono un finanziamento, ma che in modo altrettanto evidente tagliano le possibilità di accesso a una vasta fetta di richiedenti. A maggior ragione quando si appartiene a categorie teoricamente meno «affidabili», come i lavoratori autonomi, quelli con contratti a termine o atipici, oppure ai giovani con un impiego stabile ma con una storia lavorativa limitata nel tempo.
Per queste persone l’accesso ai finanziamenti non è escluso a priori, ma sempre più spesso avviene soltanto dopo la sottoscrizione di assicurazioni particolarmente onerose (in genere offerte da compagnie «collegate» alla banca e sulle quali l’istituto effettua il vero guadagno dell’operazione-mutuo), oppure grazie alla prestazione di garanzie aggiuntive (fidejussioni) da parte di parenti o genitori. Anche in questo caso non vi è necessariamente un comportamento censurabile da parte del sistema finanziario, che deve necessariamente tutelarsi nei confronti di chi sottoscrive un prestito.
Il ritardo che scoraggia
Dove invece il comportamento delle banche può dare adito a più di un dubbio è sui tempi di erogazione: i dati degli ultimi mesi indicano che il periodo di istruttoria si è in media dilatato da 2 fino a 4 o 6 settimane dopo la consegna dell’ultimo documento. L’allungamento dei tempi può sì essere giustificato da un esame più accurato dell’affidabilità del debitore, ma spesso è anche accompagnato da un peggioramento delle condizioni (aumento degli spread) e finisce per scoraggiare chi ha effettuato la richiesta e deve ottenere il finanziamento entro la data del rogito. Difficile, in questi casi, capire se siano stati superati i limiti della correttezza.